Si riparte con una serata dedicata a Cosimo I de’ Medici
Dopo un lungo periodo di pausa, dovuto anche alla pandemia, venerdì 9 febbraio, il Comitato culturale “Tindari Baglione” è tornato ad aprire le porte di Piazza Madonna degli Aldobrandini, con “i Salotti” di Casa Baglione.
Quest’anno, la Presidente Anna Maria Bonuccelli Baglione ha voluto organizzare, in occasione dei 450 anni dalla morte, un evento socio-culturale dedicato a Cosimo I de’ Medici, colui che favorì la nascita della cultura toscana, ne ridisegnò i confini e governò le sue terre, ricercando “equilibrio e giustizia”. Quell’equilibrio e giustizia tanto amati da Tindari Baglione.
A delineare un ritratto inedito e non convenzionale del Granduca di Toscana, è stato il prof. Giovanni Cipriani, già professore associato di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Firenze, che ha raccontato aneddoti e curiosità della vita, privata e pubblica, di un personaggio tanto eccezionale.
Erano presenti all’appuntamento personalità di spicco del panorama fiorentino: magistrati, professori universitari, medici e altri professionisti della città, ma soprattutto gli amici di sempre del compianto Procuratore generale.
Per chi volesse approfondire questa pagina di storia fiorentina, riassumiamo qui i contenuti della conferenza del prof. Cipriani.
L’ascesa inattesa di Cosimo I de’ Medici
Cosimo I arriva al potere per caso, è il 1537. Ha solo 18 anni quando, dopo la morte violenta di Alessandro I, duca di Firenze, diventa Signore dello Stato fiorentino. Lontano parente dei Medici “che contano”, Cosimo non appare neanche lontanamente nella linea di discendenza della casata. Tuttavia, a sceglierlo, come successore, è Carlo V d’Asburgo, che si oppone all’ascesa di Lorenzo, assassino di Alessandro, marito della figlia Margherita.
Con la morte del genero Alessandro, Carlo V non solo impone a Firenze Cosimo I, ma decide anche che tutti i beni medicei, compresi palazzi e collezioni d’arte, siano ceduti alla vedova, sua figlia. Cosimo diviene, così, Signore “senza portafoglio”. È povero, non ha denaro, beni, né palazzi. Però ha una strategia: un matrimonio prestigioso che possa risanare le casse del Ducato e, soprattutto, le sue. Chi meglio di Margherita, ormai vedova e ricca?
Sposarla significherebbe riportare i beni sottratti alla famiglia in casa Medici. La donna, però, si oppone alle nozze con un “rifiuto netto e assoluto”. A sostenerla è il padre, che vuole per lei un matrimonio più altisonante. Sceglie perciò Ottavio Farnese, nipote del Papa Paolo III Farnese. Da quel matrimonio, consumato solo dopo molto tempo e tra innumerevoli capricci, nascerà Alessandro Farnese, uno dei comandanti militari più celebri del ‘500.
Sfumato il sogno di sposare Margherita, Cosimo, sempre su consiglio di Carlo V, si rivolge a Pietro di Toledo, viceré di Napoli, che è ben lieto di concedergli la mano di sua figlia, Isabella. La primogenita. Il duca chiede informazioni a servi e medici di corte, così come previsto per i matrimoni importanti. Isabella, però, ha delle irregolarità di ciclo, non è di particolare bellezza, né di grande intelligenza, meglio puntare alla sorella minore, Eleonora, bella, intelligente, perfetta. Cosimo è ormai convinto: dice no a Isabella e chiede in sposa Eleonora.
Dopo vari dinieghi, Pietro di Toledo cede e acconsente alle nozze, ma a una condizione: la figlia più piccola sarà concessa al suo sposo, senza una dote. Ormai invaghito, Cosimo I accetta, ma non ha soldi, né casa e sceglie di vivere nell’unico palazzo disponibile in città: il Palazzo di Governo, ovvero Palazzo della Signoria. Affida a Giorgio Vasari i lavori per la realizzazione di due appartamenti, quello del duca e quello di Eleonora, ancora oggi esistenti.
L’azione di governo di Cosimo I tra ambizione e lungimiranza
L’attività amministrativa di Cosimo I si discosta subito da quella del suo predecessore. Lungimirante e ambizioso, abbandona quel senso di oppressione, che caratterizza il ducato di Alessandro I e il cui simbolo incombe ancora sulla città: la Fortezza da Basso. Con la sua potente cannoniera, rivolta verso il centro di Firenze, quella di San Giovanni è una fortezza nata per attaccare il popolo in caso di ribellione e non per difenderlo.
Cosimo, invece, ha altre priorità: non la repressione dei suoi cittadini, ma il controllo militare del territorio per garantire l’espansione dei confini e la difesa dagli attacchi esterni. Potenzia le fortezze esistenti e ne costruisce di nuove, valorizza l’amministrazione della giustizia, tende a governare in modo coerente, senza decisioni arbitrarie, ispirandosi alle consuetudini dei vari luoghi. Dispone che gli statuti delle città toscane siano depositati a Palazzo Vecchio, in modo da avere le copie originali e autentiche.
Non tralascia l’economia e l’agricoltura. Potenzia la vite, l’olivo, i frutteti e cerca di commercializzare questi prodotti, creando un mercato interno il più possibile sviluppato. Combatte la concorrenza sleale, impone la vendita di vino solo in modesti quantitativi. Da qui la nascita delle buchette nei muri dei palazzi di Firenze, riscoperte anche con la pandemia, e adatte a far passare un fiasco di vino e non le damigiane, di pertinenza dei veri vinai.
Cosimo I e il mito di Noè, padre della civiltà etrusca
Cosimo vuole dare una propria identità alla Toscana, renderla una realtà straordinaria, assoluta nel contesto italiano. Contrappone alla civiltà romana quella etrusca e aiuta a diffondere una leggenda a lui cara, quella fomentata dal teologo domenicano Giovanni Nanni, detto Annio da Viterbo. Per avvalorare le sue tesi, finanzia campagne di scavo, volte a documentare l’importanza della civiltà etrusca e a dare evidenza scientifica alle bizzarre teorie.
Trova la Chimera, l’Arringa e la Minerva ad Arezzo e valorizza al massimo questi monumenti. Dà ampio risalto a testi inediti, presentati come antichissimi, ma che nessuno ha mai letto, di cui nessuno ha mai sentito parlare, scritti da autori misteriosi, in realtà inventati di sana pianta dallo stesso Annio da Viterbo. Secondo il teologo, Noè, abbandonata l’Arca, approda in Toscana e qui pianta viti e fonda nuove città, dodici per l’esattezza. Tra queste, in onore di sua moglie Arezia, Arezzo. Questo a dimostrazione che la civiltà etrusca deve i suoi natali, direttamente, a Noè.
I testi vengono ripresi dal farmacista di Borgo San Lorenzo, che si riunisce, nella sua farmacia, con un gruppo di amici e dà vita all’Accademia degli Umidi. Il circolo culturale sostiene che la lingua toscana derivi dalla lingua etrusca e quella etrusca dalla lingua di Noè, l’ebraico antico. Cosimo ama questa idea e trasforma l’Accademia degli Umidi nell’Accademia fiorentina, affidandole il compito di studiare le radici della lingua. È l’inizio di quel processo che sarà portato a compimento dal figlio Francesco, che creerà l’Accademia della Crusca per lo studio della lingua toscana.
Cosimo I ha un’altra idea geniale. Chiede al suo architetto di fiducia, Giorgio Vasari, di documentare l’eccellenza dell’arte toscana e le sue radici nel mondo etrusco. Incarica Vasari di studiare i più importanti pittori, scultori, architetti così da dimostrare l’eccellenza della Toscana nelle arti.
Vasari fa un capolavoro: redige il primo testo di Storia dell’arte della storia. Cosimo vuole però testimoniare, in maniera tangibile e inequivocabile, l’eredità della cultura etrusca nel patrimonio toscano. Oltre ai tre ordini dorico, ionico, corinzio, ne individua un quarto, l’ordine “Tuscania o etrusco”. Il capitello Tuscania inizia a essere utilizzato in tutti gli edifici dello Stato e nelle case private vicine alla famiglia dei Medici. Il capitello Tuscania non può mancare negli Uffizi, dove si può osservare ancora oggi nelle colonne del palazzo.
La voglia di espansione di Cosimo I e la conquista di Siena
Cosimo vuole ampliare la sfera del proprio potere e conquistare una delle città della Toscana. Tra tutte sceglie Siena, alleata della Francia, nemica di Carlo V d’Asburgo.
Per difendere Firenze, Cosimo ordina la creazione della fortezza di San Miniato. La guerra di Siena è una guerra terribile. Carlo V impone un comandante di grande capacità, Giangiacomo dei Medici, marchese di Marignano.
I senesi sono stretti in un assedio mortale, affamati e stanchi, e a un certo punto la situazione diviene insostenibile. Viene sottoscritto un accordo tra la Francia e Carlo V. Siena è pronta ad arrendersi, ma non dovrà essere umiliata. E così sarà. Cosimo diventa duca due volte: di Firenze e di Siena. Ma lui punta a diventare re. Il terzo re della Toscana. Prima Noè, poi il famoso re degli etruschi, Porsenna, infine lui.
Nel suo ambizioso disegno, riesce a imparentarsi con la casa imperiale degli Asburgo, organizzando il matrimonio tra il figlio primogenito Francesco, erede al trono, e Giovanna, figlia dell’imperatore Ferdinando e nipote di Carlo V. Prima delle nozze, assolda una schiera di pittori e disegnatori per decorare il cortile di Palazzo Vecchio, con le vedute delle principali città austriache e tedesche, che ancora oggi destano curiosità nel cortile del Comune.
Cosimo I e il titolo di Granduca
A Cosimo I i possedimenti non bastano, insiste per ricevere un titolo più prestigioso, ma trova solo porte chiuse. Capisce che l’unica carta da giocare è rivolgersi al papato, ma sa anche che dovrà aspettare. Attende, così, la morte di Pio IV, poi decide di agire. Corrompe il collegio cardinalizio, inducendolo alla scelta di un nome che dovrà la sua elezione, esclusivamente a lui. Il fortunato è Pio V, Michele Ghislieri di Alessandria. Un Papa
“creato per volontà dello Spirito Santo e di Cosimo I dei Medici“
Ora Pio V gli è debitore e non può negargli nessun favore. Cosimo, dal canto suo, diviene ligio ai dettami della Chiesa, un uomo devotissimo e religiosissimo. Pio V approfondisce la questione e arriva alla conclusione che, volendo, un titolo nobiliare si può anche inventare. Nasce per Cosimo quello di Granduca.
La corona del Granduca
Ogni titolo che si rispetti, deve avere una propria corona e, così, dopo studi e ricerche, Cosimo sceglie la sua: ricorderà le origini della Toscana, il legame con Noè e prenderà spunto dal più rappresentativo e celebre re d’Israele. Sarà una corona come quella indossata da re David, irradiata, con i raggi del sole. Al centro non mancherà il giglio, in onore di Firenze. Incarica alcuni orafi di fiducia di realizzarla.
Nel frattempo, Pio V emana la bolla di conferimento del titolo granducale e nella bolla fa disegnare, a colori, la nuova corona ideata da Cosimo. Nel 1570, nella Cappella Sistina a Roma, viene incoronato Granduca, ma per lui nessuna soddisfazione. Per i sovrani degli altri Stati resterà, per sempre e soltanto, un Duca.